Madeleine
ideazione: Muta Imago

regia e luci: Claudia Sorace

drammaturgia e suono: Riccardo Fazi

realizzazione scena: Massimo Troncanetti con l’aiuto di Luca Giovagnoli

vestiti di scena: Fiamma Benvignati

foto di scena: Luigi Angelucci, Laura Arlotti
con Glen Blackhall, Chiara Caimmi
produzione Muta Imago 2009

coproduzione RomaEuropa Festival; Bassano Opera Festival; Artlink Association Romania

con il sostegno di Regione Lazio – Assessorato alla cultura, Spettacolo e Sport

in collaborazione con Centro Valeria Moriconi e Amat per Premio Valeria Moriconi/Futuro della Scena; L’Arboreto – Teatro Dimora di Mondaino; Centrale Fies; Teatro Fondamenta Nuove; Kollatino Underground; Città di Ebla

un ringraziamento a Irene Petris per il lavoro svolto insieme
presentato nell’ambito del festival europeo TEMPS D’IMAGES 2009

Il sogno è nero come la morte.

Theodor W. Adorno

Madeleine è la storia di un’attesa. Di un lento avvistamento.
Un avvicinamento, un countdown inarrestabile, una inesorabile discesa verso un destino prefigurato.
Lev raccontava di un uomo che cerca di tornare. In Madeleine una donna aspetta un ritorno. Non sa se e come accadrà, non sa quando. Ma sa che arriverà, che sarà imprevedibile, devastante, distruttivo: farà esplodere tutto quello che nel tempo ha potuto costruire.

Tutto all’inizio appare sereno, sicuro, protetto: la donna, sola, abita un luogo tranquillo, definito. I gesti sono essenziali, i movimenti abbozzati restano sospesi nell’aria. Lo spazio è fermo, precisamente delineato, le linee che lo attraversano disegnano percorsi e direzioni ben precise.
Ma lentamente, in maniera inesorabile, uno strano incanto viene a posarsi sulle cose, come una vertigine che muove quello che non dovrebbe essere spostato: piccoli segnali, contraddittori, si affacciano tra le pieghe della realtà: un refolo di vento, il passaggio improvviso di un’ombra, una luce che si sposta o che si spegne all’improvviso. La donna cerca di difendersi, di mantenere il controllo su ciò che la circonda.
Un’atmosfera di strana elettricità finisce per riempire la scena.
La donna si rende conto che non resterà sola a lungo.
Il sogno e la paura sono gli elementi costitutivi del mondo di Madeleine.
Insieme a due performer, un uomo e una donna. Insieme a una scenografia fatta di soglie, di proiezioni, di inganni, di trasparenze, di riflessi. Insieme alla nebbia, al fumo e al vento.
Perché ci sentiamo assediati. Perché sentiamo che qualcosa di terribile sta per accadere, e non sappiamo come reagire, e ci rintaniamo nelle nostre case di carta, sperando che reggeranno all’impatto. Abbiamo paura. Cerchiamo di ignorare i segnali, che pure esistono; sminuiamo il nostro stesso sentire. Il passato, preferiamo dimenticarlo, archiviarlo, tenerlo in costante liquidazione; al futuro, ci è impedito di pensare, troppo occupati a preservare un presente costantemente minacciato.


Temiamo la perdita, l’abbandono, l’esuberanza vera, le passioni eccezionali e oscure; siamo sconvolti dall’abbraccio completo di un movimento che non sia diretto, ma spiraliforme, concentrico, femminile.
Forse solo il sogno resta quel territorio mitico che è sempre stato: il luogo dove le barriere crollano, quello che è lontano si incontra contro la nostra volontà, e le direzioni non sono prevedibili: questo luogo vorremmo indagare. Di questo stato d’attesa, vorremmo fare esperienza. Di questa inutile lotta per resistere, e della scoperta che arriverà dopo la sconfitta, vorremmo parlare.
Perché la tempesta non aspetta più: improvvisa arriva, stravolge, trascina. Sembra separi, ma in realtà unisce. Sembra distrugga, ma in realtà spoglia del superfluo, scopre, manifesta, e con il suo passaggio lascia, sparsi, frammenti di verità pura.