Q-LAB
Un progetto realizzato in collaborazione con Teatro di Roma, Teatro Biblioteca Quarticciolo
a cura di Veronica Cruciani, Claudia Sorace, Riccardo Fazi, Michele di Stefano
con il sostegno di Roma Capitale, nell’ambito delle manifestazioni realizzate in occasione del Giubileo della Misericordia
Un gruppo di persone decide di aprire le porte delle proprie case. Di lasciarle vuote, per poter far entrare uno sconosciuto. Il progetto Q-Lab parte da questo semplice gesto per attivare una riflessione profonda sui concetti di sguardo, riconoscimento, incontro.In una grande metropoli, in un quartiere, in un piccolo paese: un gruppo di case vicine, appartenenti a un determinato contesto (sociale, etnico, geografico, economico) si aprono allo sguardo dei visitatori.
Il visitatore prenota la propria visita, all’ora e al giorno che desidera. Arriva allo spazio promotore del progetto, che può essere un teatro, un centro festival, una biglietteria. Porta con sé un dono, di qualsiasi forma e natura: la moneta di scambio per poter entrare nella casa di uno sconosciuto. Una volta giunto in teatro, il visitatore lascia i propri effetti personali, in cambio gli viene consegnata una mappa, che lo porterà a destinazione. Un accompagnatore lo porterà fino alla soglia della porta di una casa. Lì verrà lasciato solo, la porta d’ingresso si chiuderà alle sue spalle. La casa è vuota, le porte sono tutte aperte, tranne una, le luci, se sarà buio, accese. Il visitatore si muoverà liberamente all’interno della casa, completamente solo, per un tempo determinato, circa venti minuti. Prima di andare via, dovrà decidere soltanto se aprire o meno l’unica porta chiusa che troverà dentro la casa. Il progetto ruota intorno al concetto di sguardo. Il suo obiettivo è quello di attivare uno scambio e una riflessione attraverso il semplice gesto dell’osservazione e dell’incontro. Lo sguardo del visitatore sulle case diventa specchio per lo sguardo degli abitanti, e viceversa. Il progetto Q-Lab attiva un processo d’indagine personale, profonda, che abbiamo deciso di far sperimentare nella più semplice delle maniere interagendo con ciò che consideriamo di più intimo nelle nostre vite: le nostre case. In che ruolo mi posiziono nel momento in cui vengo accolto nello spazio privato di uno sconosciuto? Cosa leggo di me nello sguardo dell’altro, sul mio universo? Quali problematiche, quali questioni etiche e poetiche si attivano in un incontro come questo: nudo, proposto senza orpelli e senza spettacolarizzazione?
Q-Lab è un progetto che nasce in maniera inedita e inattesa. Quattro affermati artisti della scena contemporanea italiana ed europea decidono di unirsi per realizzare un progetto artistico che esula dalle loro specificità estetiche e artistiche. Ognuno di loro ha messo da parte la propria specificità (Michele di Stefano è coreografo, Veronica Cruciani regista, Claudia Sorace e Riccardo Fazi rispettivamente regista e drammaturgo della compagnia Muta Imago) per poter attivare uno scambio inedito e completamente orizzontale in relazione alla materia trattata. La ricchezza e particolarità del progetto deriva anche da questo. È raro che incontri del genere accadano tra artisti, oggi, in particolare se provenienti dallo stesso ambito, in questo caso quello delle arti performative. L’intero progetto è anzi informato a un principio di sottrazione dell’io artistico per poter far parlare nella maniera più potente possibile, l’esperienza in sé, che si è contribuita a far avvenire. In questo senso il ruolo degli artisti nel progetto è quello di essere degli “attivatori”: quello di creare le condizioni ideali perché un gesto che normalmente viene ritenuto impossibile possa invece accadere nel migliore dei modi. Creare uno spazio perché un incontro avvenga: questo è il compito, quantomai difficile e rischioso, che si sono dati gli artisti ideatori del progetto. La creazione, in questo caso, ha a che fare con la costruzione del rapporto tra il visitatore e l’abitante.
A partire dalla richiesta e dall’attivazione del gesto che sta al cuore del lavoro, ovverosia quello di arrivare a far aprire un determinato numero di case private allo sguardo dei visitatori, il progetto prevede uno sviluppo particolare e specifico a seconda delle caratteristiche, delle necessità e dei desideri della struttura ospitante, sia per quanto riguarda le modalità di fruizione che per quanto riguarda l’individuazione della zona caratteristica dove attivare il progetto stesso. In Italia, nelle sue occorrenze, si ad oggi concentrato su case all’interno di quartieri di edilizia popolare degli anni ’30. Quartieri all’interno dei quali si trova un centro artistico di riferimento, che in un caso è stato il Teatro Quarticciolo a Roma, nell’altro sarà il Centro Festival del Festival Ipercorpo a Forlì. La scelta del luogo dove agire, della struttura sociale che lo caratterizza (quartiere a forte immigrazione specifica; quartiere di lusso; quartiere popolare; spazio urbano in via di forte trasformazione imminente; comunità etniche specifiche) può e deve essere decisa insieme alla struttura che ospita il progetto. La possibilità di sguardo e di incontro che il progetto apre non rifiuta il rischio che inevitabilmente si nasconde dietro un gesto talmente eclatante, anzi, lo abbraccia completamente. L’ esperienza di osservazione si presenta in tutta la sua critica oggettività come esperienza da compiere da un “esterno” protetto e giustificato. Ma gradualmente, nel suo stesso svolgersi, si apre e attiva un movimento inarrestabile di avvicinamento e quasi di annullamento di distanza, le cui conseguenze, imprevedibili e inattese, si scopriranno e si comprenderanno solo a posteriori.

video link: www.vimeo.com/mutaimago/qlab